Tutti noi sappiamo bene quali e quante siano le riserve della
nutrizionistica classica riguardo il consumo giornaliero di carne rossa,
tant'è che spesso la frequentazione della carne bovina viene
consigliata, dai medici, per non più di 2-3 volte a settimana. Il
maggior dubbio è ovviamente legato al contenuto di grassi saturi e
colesterolo. Senza dimenticare mai che il colesterolo alimentare affetta
quello ematico per percentuali di gran
lunga più basse rispetto a quanto si è soliti credere, va comunque
specificato che un certo consumo di grassi saturi è basilare per il
mantenimento di livelli ottimali di testosterone. Il Dr. Rock Hall,
dietologo e docente di scienze dell'alimentazione presso l'Arizona State
University di Tempe, ci fa notare che circa un terzo degli acidi grassi
saturi contenuti nella carne di manzo è rappresentato dall'acido
stearico, che ha un effetto neutro sui livelli di colesterolo ematico.
Le problematiche che la carne di manzo porta con sè non hanno tanto una
natura intrinseca all'alimento stesso, ma sono molto più legate ai
metodi d'allevamento dell'animale e alle modalità di cottura.
Innanzitutto, gli attuali metodi d'allevamento prevedono che l'animale
venga nutrito con cereali: ciò permette di avere un capo da macellazione
molto più pesante, il cui rapporto omega 3:omega 6 è però ben lontano
dall'essere salutare. Per quanto riguarda la cottura, invece, va detto
che i sottoprodotti derivanti dalla carbonizzazione (pensate al servizio
andato in onda qualche settimana fa su Report, a proposito delle
“crosticine” delle pizze e dello stato di scarsa igiene dei forni) della
superficie della carne sono stati implicati nel rischio di carcinoma
gastrointestinale e prostatico.
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